Il parto della Dea …

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… la vita ora si esprime con le contrazioni, le doglie: dolori fisici, mentali, emozionali e spirituali… ma poi arriverà l’espansione e la nascita per ognuno di noi.

di Caroline Mary Moore

Da bambini, quando avevamo dubbi, andavamo dalla mamma per essere rassicurati. Anche se oggi siamo troppo grandi per chiedere conforto alle nostre madri, Madre Natura è un ottimo consigliere, perché essendo lei la creatrice della vita sulla terra, i suoi ritmi sono anche i nostri. 

Come il travaglio del parto, attualmente la vita sulla terra è in contrazione. Tutto si restringe ad un punto di intenso dolore che si manifesta ovunque, tuttavia, la dualità tra contrazione e espansione è una caratterista della materia, è un modo per farci sperimentare la nostra multidimensionalità, “sentendo” simultaneamente (olisticamente) dolori sia fisico, mentali/emozionali che spirituale.

Siamo in un processo di nascita dell’essere umano più evoluto, e questo è il dono della Dea, dell’energia Femminile che lo partorirà: perché d’ora in poi, il transito verso l’espansione, passerà sempre tramite la polarità negativa, ricettiva. Non è un affronto o una degradazione dalla forza maschile, è un semplice fatto, una verità universale – è il femminile a creare la vita.

Se abbiamo dei dubbi, cerchiamo le risposte nella vita stessa. Un feto è concepito nel grembo ricettivo della madre, che ha accolto il seme maschile, l’energia di polarità positiva che penetra l’oscurità con la sua forza attiva. Per far nascere la sua creatura, il corpo della donna si prepara alla nascitura per via dalle doglie, perché sono proprio le contrazioni, che simultaneamente espandono la cervice, che facilita la nascita del bambino.

Noi siamo le nuove creature che nasceranno dalla Dea, è per facilitare il passaggio personale, si può ritornare alla fonte dell’energia vitale, fornite delle nostre stesse madri, ovvero dall’ombelico, la sede dell’Hara.

Se siete praticanti di qualche forma di Arti Marziale,  sicuramente sapete cos’è l’Hara, altrimenti è probabile che non lo conosciate affatto. Tuttavia, a chi interessa ottenere il meglio del proprio sistema energetico, durante questo passaggio di luce accecante e buio profondo, che ci costringe fisicamente, mentalmente e spiritualmente ad accogliere quello che è inaccettabile, investigare l’Hara è una mossa saggia, perché è la nostra fonte di energia vitale, la batteria che mantiene l’aura e i suoi sette livelli di coscienza, nutriti, sani e vibranti. 

Hara è un termine giapponese traducibile con “ventre”: non indica soltanto quella parte del corpo fisico, ma è una particolare forza, o energia, concentrata in quella zona. Per secoli i guerrieri orientali hanno coltivato le arti marziali, rincorrendo a particolari discipline allo scopo di potenziare l’hara per attingere alla sua energia in combattimento. Vi è poi un punto, conosciuto come tan tien, che secondo la tradizione orientale, è il centro gravitazionale del corpo e il fulcro della potenza dell’hara stesso. 

Pur essendo simile a un chakra, si tratta di un centro fondamentalmente diverso, è un centro energetico a sé stante, che si trova appena sotto l’ombelico, circa due centimetri verso l’interno. Hara significa anche “mare di energia” ed è esattamente questo. Durante la gestazione, il feto si è nutrito attraverso l’ombelico, con cui recide il contatto alla nascita. Quando il cordone ombelicale è stato tagliato, abbiamo cessato di trarvi nutrimento, di conseguenza le energie intorno all’hara si sono chiuse rapidamente, seppellendo questo centro ancora di più in profondità, tagliandolo fuori i suoi poteri. Tramite un risveglio di coscienza nel centro dell’hara, è possibile nutrirsi nuovamente dell’energia vitale sciogliendo così i blocchi energetici nel ventre collegate alle nostre paure profonde.

La linea harica

L’hara in un certo senso è un’ancora, che funge da collegamento tra tutti i centri di coscienza grazie a un unico tracciato chiamato “linea harica”. Quando questa linea è integra e ininterrotta, entra verticalmente dalla testa e scende nella terra passando per i piedi, fornendo un asse intorno al quale noi esistiamo nella nostra incarnazione fisica sulla Terra. La linea harica e il suo sistema di chakra esistono nella quinta dimensione e rappresentano il livello d’intenzionalità, ossia il modo in cui usiamo il potere della volontà e dell’intenzione (uno degli scopi della vita). Chi pratica un’arte marziale spesso è radicato consapevolmente nell’hara, tuttavia ciò non significa che la linea harica sia integra, anzi il più delle volte è interrotta al livello del cuore creando un’interruzione, una separazione tra sopra e sotto.

Per esempio oggi, dopo tanti anni, riconosco la separazione tra la mia esperienza di ballerina, radicata in modo incosciente e automatico, e la mia vita ordinaria inconsapevole. Sceso dal palco, non ero in grado di accendere l’interruttore, di conseguenza mi sentivo senza radici, spazzata via emotivamente ogni volta che soffiava il vento. Sul palco invece ero forte, potevo contare sulla collaborazione del mio sistema energetico, anche se inconsapevolmente, mentre nella vita quotidiana, la tensione mi creava uno stato di ansia continuo, che si placava solo nell’attimo in cui mi sedevo davanti allo specchio per dipingere il mio volto con il trucco di scena.

In ogni modo, anche se si ha coscienza nell’hara, non è facile mantenerla, solo quando siamo nel qui e ora, radicate nel presente, la linea si ristabilisce, altrimenti si ritorna allo stato d’inconsapevolezza. Comunque nei momenti in cui la linea e i suoi punti sono collegati, (anche per poco tempo) siamo connessi con l’esistenza, radicati, rispettosi di noi stessi e degli altri, in sintonia con il nostro compito di vita e in sincronicità con il battito vitale della Terra. Se invece questo centro energetico è debole, l’intero sistema ne risente, manifestando disagi e conflitti che riguardano tutti i sette livelli di coscienza, per esempio:

• Conflitti interiori

• Perdita di forza fisica

• Mancanza di sensibilità interiore

• Mancanza di autostima

• Mancanza di fiducia

• Nessun amore per sé

• Confusione d’identità

• Sensazione di abbandono

• Problemi di sopravvivenza, mancanza di denaro

• Attacchi di ansia o di panico

• Difficoltà nel ricevere o accettare le cose positive

• Uso eccessivo della mente razionale

• Focalizzazione ossessiva sulla spiritualità

• Mancanza di direzione nella vita

• Frustrazione per la mancanza di realizzazione e di successo

• Incapacità a manifestare

• Malattie che non si riesce a guarire

• Necessità di controllare

• Brama di potere, avarizia, materialismo

• Tendenza al giudizio

Tranquilli si può ristabilire l’hara… come? Con l’intenzionalità.

Il tema dell’hara è l’intenzionalità. Le principali difficoltà della vita di un individuo sorgono in relazione a quanta energia è in grado di fornire a un determinato centro energetico e al suo corrispondente corpo sottile. Se la batteria di una macchina è difettosa, è improbabile che l’auto funzioni in modo ottimale. Nel momento in cui si interpreta l’avversità nella vita come una forma di punizione o ingiustizia, magari perché la realtà non sta rispecchiando o manifestando le proprie aspirazioni, è importante esaminare la qualità dell’intenzionalità dietro quel senso di limitazioni, perché la risposta si troverà in una delle dimensioni più sottili della coscienza.

Congiungere la linea harica

Per la salute e la vitalità del corpo fisico e dei corpi sottili è fondamentale avere un linea harica riallineata e un tan tien colmo di energia. Come scrisse Sun Tzu, generale e filosofo cinese e autore di L’arte della guerra: “Il ch’i al mattino è fresco, a mezzogiorno è stanco, a sera è esaurito. Un abile generale evita chi ha un ch’i fresco e attacca chi ha ormai un ch’i stanco ed esaurito”. 

L’arte di padroneggiare il ch’i”. Il ch’i, noto anche come ki o qi, è il nome dato all’energia “interna” che scorre nel corpo umano, e l’hara è la porta d’accesso all’oceano del ch’i, mentre il tan tien è una palla di energia spesso definito “calderone” nei testi alchemici taoisti.

Questa sfera di energia interagisce con tutti gli organi, soprattutto con l’intestino, perché è lì che il cibo viene trasformato in energia e poi “immagazzinata” nel tan tien, prima di essere distribuita in tutti i corpi sottili, incluso quello fisico. Perciò, La mancanza di consapevolezza nell’hara equivale a usufruire di un flusso minimo di energia, senza la possibilità di attingervi a volontà, in altre parole il sistema non è alimentato a causa dei numerosi blocchi energetici che nascono dalle paure di non raggiungere o ad ottenere la realizzazione dei propri desideri, materiali ed emotivi.

Dopo lunghi anni di ricerca, il Buddha constatò che la fonte primaria della sofferenza umana era il desiderio. Per un ricercatore lungo il sentiero della crescita personale, comprendere il desiderio è un potente mezzo di guarigione: basta trovare in quale dimensione si trova il desiderio o brama (amore, lavoro, denaro, sesso ecc.) e si è trovato il livello di coscienza che manca di energia primaria. Il desiderio è sinonimo di sconnessione fra l’hara e i corpi sottili: quando una forma-pensiero di desiderio o brama si forma nella mente, l’attenzione si dirige verso l’oggetto del desiderio, togliendo energia preziosa all’intero sistema.

Sostituire “Io desidero” con “Io intendo”

Considerando che l’hara insieme al centro del suono (5° chakra) si trovano nella quinta dimensione del sistema energetico, possiamo servirci della creatività e dell’abilità di rispondere (responsabilità). Nel momento in cui pronunciamo ad alta voce una nostra intenzione, sarebbe opportuno sostituire “io voglio”, “io vorrei” oppure “io desidero” con “io intendo”. Questo spostamento non sarà solo verbale ma anche energetico: l’energia della brama è solitamente proiettata verso l’oggetto desiderato, ora rimarrà disponibile per ricostruire la linea harica e fornire prezioso nutrimento al campo energetico, ai suoi centri e corpi sottili. Dire ad alta voce la propria intenzione è decisamente un inizio importante. Il principio è chiaro, ma come si fa capire se la linea è integra oppure no?

Essere in accordo nel disaccordo

Un indizio per capire ce lo fornisce l’osservazione di una situazione di conflitto, di confronto o nei momenti di avversità. Una persona allineata a livello harico non cerca un capro espiatorio per proiettare la sua ombra: si assume la propria responsabilità, non prende in considerazione l’opzione di discutere su chi ha torto e chi ha ragione, perché dal suo punto di vista non esistono avversari con cui discutere o combattere e opterà per essere d’accordo di essere in disaccordo. 

Ogni volta che ci troviamo coinvolti in una discussione, se siamo consapevoli, possiamo scegliere di centrarci nell’hara e allineare la linea harica. Se ci troviamo a discutere, significa che non siamo allineati e si scatenerà immediatamente una lotta per il potere (energia) per cui qualcuno dovrà cedere energeticamente all’altro, entrando nell’oscillazione della terza dimensione (dualità tra vincitore e vinto). Un individuo radicato nell’hara e con la linea harica integra sarà interessato sempre alla collaborazione piuttosto che alla competizione, che guarda caso, è una qualità del femminile!

Buona sperimentazione!

di Caroline Mary Moore

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